Il Mito nello Champagne

In Eventi Passati by Alessandro Pepe

 

Lunedì 12 Ottobre la Rimessa Roscioli è stata il set di una grande degustazione, incentrata su uno dei vini che hanno segnato la storia dell’enologia mondiale: lo Champagne.

Maurizio Paparello ha condotto il “Mito nello Champagne”, spiegando e parlando delle bollicine selezionate e della storia delle bottiglie stappate.

Per accompagnare le grandi etichette francesi Alessandro Pepe ha chiamato Corrado Tenace, grande conoscitore e amante del mare, dalla cucina semplice e riflessiva, incentrata sulla valorizzazione della materia prima, da lui selezionata.

 

LE BOTTIGLIE DEGUSTASTE

  • Dom Perignon Rosè Vintage 2004
  • Pol Roger Cuveè Winston Churchill 2002
  • Salon 2002
  • Bollinger RD 2002
  • Dom Perignon Vintage 1996
  • Salon 1999
  • Bollinger RD 1996
  • Dom Perignon P2 (Deuxiéme Plenitude) 1998
  • Krug Collection 1989 Magnum
  • Krug Collection 1985
  • Cristal 1983
  • Krug vintage 1981
  • Dom Perignon Rosè P2 1995

 

Oltre a assaggiare, parlare, analizzare, godersi, gustare, e degustare le fantastiche bottiglie petillant della serata, Maurizio ha chiarito alcuni argomenti importanti quali Œnothèque, P2 e P3. Andiamo a vederli insieme.

 

ŒNOTHÈQUE

Œnothèque è un’operazione voluta da Richard Geoffroy, Chef de cave di Dom Perignon – colui che crea l’assemblaggio finale – lanciata negli anni 2000.

Per sottolineare la grande capacità di invecchiamento di Dom Perignon, in un primo momento sono state introdotte nel mercato le bottiglie classificate come Œnothèque, poi questo termine è stato sostituito con plenitude, ritenuto più comprensibile e chiaro.

Nello Champagne œnothèque si utilizza per identificare la zona della cantina dove vengono conservati i vecchi millesimi. Per dare la possibilità agli appassionati di assaggiare anche le annate che hanno maturato sui lieviti per un tempo maggiore di un classico Dom Perignon Vintage abbiamo iniziato a parlare di bottiglie Œnothèque.

Dopo sette anni di contatto con i lieviti un Dom Perignon raggiunge la propria personalità, viene quindi rilasciato in un momento chiamato première plènitude.

Non tutte le bottiglie però sono messe in commercio dopo il dégorgement, alcune infatti vengono lasciate a maturare sui lieviti e tappate con il sughero – bouchon liège. Tutto questo avviene sotto il monitoraggio costante dello chef de cave, che sancisce dopo altri 5-7 anni il momento della deuxième plenitude o, dopo 15-20 anni, della successiva troisième plènitude. A questo punto avviene il degorgiamento manuale, l’assaggio delle bottiglie e la decisione finale.

 

DEUXIÈME PLENITUDE E TROISIÈME PLÈNITUDE

P2 (deuxième plènitude) e P3 (troisième plènitude) sono operazioni fatte sempre da Richard Geoffroy per sostituire Œnothèque, visto che il termine plènitude viene utilizzato per identificare la finestra temporale durante la quale il vino si trova nella sua miglior fase espressiva.

Dom Perignon riesce portare avanti questa impostazione perchè, appartenendo al gruppo LVMH, ha la possibilità di tenere in cantina svariate migliaia di bottiglie, ovviamente a contatto con i lieviti, e farle uscire nel momento desiderato.

Quindi mentre Vintage viene utilizzato per indicare la première plénitude, P2 indica gli Champagne che sono stati sui lieviti dai 12 ai 15 anni, mentre P3 quelli che sono arrivati anche 25-30 anni. Ora infatti è stato messo in commercio il 1971.

 

È UN’OPERAZIONE COMMERCIALE? FA BENE ALLO CHAMPAGNE?

Ancora non possiamo dare una risposta. È dimostrato che l’affinamento sui lieviti fa bene allo Champagne per 20-25 anni, dopo di che si pensa che serva esclusivamente a preservare lo Champagne, perché superato quest’arco temporale il lievito non da più nulla, ma difende il vino dall’ossidazione creando una sorta di scudo.

Alla Rimessa Roscioli è già stata fatta una degustazione di Vintage, P2 e P3, per capire meglio la situazione, forse nei prossimi mesi si potrebbe ripresentare l’occasione.

 

IL MENÙ DI PESCE DI CORRADO TENACE

  • Mistarello, ovvero l’ostrica vestita
  • Insalata di mare
  • Cocktail di crostacei
  • Panzanella con alici marinate
  • Merluzzo e peperone
  • Tritone: tre essenze di tonno
  • Spaghetti allo scoglio vero
  • Risotto alla crema di scampi crudi

 

Come ha tenuto a precisare Corrado Tenace durante la presentazione dei piatti, il suo menù è stato un “percorso nella zoologia marina con tocco retró”.

Ha voluto iniziare con Ricci di mare e Mistarello, il piatto che Onassis mangiava quando arrivava a Terracina, e cioè un’ostrica con cozza, crostaceo, limone e nota piccante.

A seguire un’ Insalata tradizionale di mare con il polpo non congelato, un Cocktail di gamberi rivisto come un sushi di crostacei avvolto in una foglia di bieta e accompagnato da una maionese light di patate, una variazione della salsa Mary Picfull con burro chiarificato, tuorlo d’uovo, patate, zucchero muscovado, aceto d’uva e Cognac xo.

Dopo la Panzanella con alici marinate e il Merluzzo e peperone sono arrivate le Tre essenze di tonno, e quindi le Coppiette di tonno con cipolla, la Tartare di tonno con uova di quaglia, caviale e scaglie d’oro e la Trippa di tonno macerata con zucchero e aceto di mele scottata con jalapeno, un peperoncino carnoso, più aromatico che piccante.

Per concludere gli Spaghetti allo scoglio vero, con ricci, polpo e cozze, senza i crostacei quindi, perché, come ha detto lo stesso Corrado “non stanno sugli scogli” e il Risotto alla crema di scampi crudi.

Guarda le Foto della Serata

 

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